Paolino Vitolo, consulente informatico, webmaster, ITC 	consultant, giornalista, scrittore.Guerra santa al terrore
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(IL MONITORE - novembre 2003)

Pagina del sito dell'FBI con la taglia sul terrorista Bin Laden Ottobre 2003. Puntuale come un incubo ricorrente, il ceffo di Bin Laden torna a minacciare vigliaccamente la civiltà occidentale dal comodo pulpito della televisione araba Al Jazeera. E questa volta, tanto per ricordarci che non è lecito per nessuno estraniarsi e considerarsi al sicuro, egli include esplicitamente anche l’Italia nel novero dei paesi “cattivi”, da punire per aver partecipato alla “crociata” dell’America contro l’Islam. È un linguaggio medioevale, farneticante, che spingerebbe solo al compatimento, se le minacce non fossero sinistramente corroborate dall’innata vigliaccheria di chi crede in cuor suo di combattere una guerra santa, ignorando e calpestando per definizione ogni minima parvenza di lealtà e di onore. È molto facile colpire il nemico designato, se le armi principali sono la slealtà e il tradimento e se gli esecutori sono dei maledetti pazzi, che credono di raggiungere il paradiso ricorrendo all’assassinio di vittime innocenti attraverso il suicidio. Chiamare questa gentaglia “kamikaze” è un’offesa per quegli eroi giapponesi, che, ormai sconfitti e soverchiati da forze preponderanti, pur di non cedere al nemico, si scagliavano con i loro piccoli aerei, ormai disarmati, contro le navi da guerra americane. Si trattava di fulgide ed eroiche azioni di guerra di soldati contro altri soldati, non di vigliacche aggressioni di assassini contro vittime innocenti. Detto questo, al fine di non essere fraintesi, è necessario chiarire che Bin Laden e i suoi accoliti, così come il suo degno compare Saddam Hussein, ex dittatore dell’Iraq, non hanno niente a che fare con l’Islam e con la sua civiltà. Anzi essi non hanno a che fare con nessuna civiltà, avendo ormai rinunciato a priori all’”umanità”, intendendo con questa parola tutto ciò che ci distingue dalle bestie più immonde. Né vogliamo paragonare la civiltà islamica e la civiltà greco-romana da cui discende la nostra civiltà occidentale; qualsiasi paragone, qualsiasi graduatoria sarebbe insensata e fuori luogo, perché qualunque civiltà, proprio perché espressione della cultura dei popoli che la esprimono, ha una sua intrinseca dignità, soprattutto se considerata nel suo contesto e nella sua epoca. Da ciò deriva che tutti quelli che preferiamo chiamare semplicemente con l’appellativo di “terroristi”, avendo ormai deciso scientemente di abbandonare la condizione umana, sono soltanto degli spregevoli e pericolosi delinquenti, che vanno schiacciati con ogni mezzo. Quindi, anche se consideriamo abbastanza probabile che interessi economici e “petroliferi” abbiano rafforzato la decisione degli USA di intervenire in Iraq, concordiamo con questa decisione e riteniamo doverosa una nostra partecipazione a quella che, più che una guerra, è un’operazione di polizia, difficile e insidiosa, ma pur sempre tale. E, a quanto pare, anche la sinistra “ufficiale” italiana è dello stesso parere, se è bastato il voto unanime dell’ONU a far cadere di colpo tutte le granitiche opposizioni al nostro intervento militare in Iraq. Stupisce piuttosto (o, meglio, non stupisce affatto) il silenzio degli innumerevoli pacifisti a tempo pieno, sempre pronti a partecipare a beceri cortei contro l’America, e stranamente inerti e assenti ora che la dichiarazione di guerra, diretta anche e proprio contro di noi, viene dallo sceicco del terrore. Ricordiamo a questi signori che ora non è possibile stare in silenzio, ignorare la minaccia, astenersi da un intervento fermo e immediato. Contro questi vermi non basta difendersi: occorre attaccarli, schiacciarli uno per uno, cancellarli dalla faccia della terra. Così come è stato fatto con i germi del vaiolo, i cui ultimi esemplari sono conservati in una provetta, al fine di non far estinguere una specie vivente. Con la differenza che, nel caso di Bin Laden e dei suoi assassini, non conserveremo mai nessuna provetta.


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