Paolino Vitolo, consulente informatico, webmaster, ITC 	consultant, giornalista, scrittore.Calcio spettacolo
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(IL MONITORE - febbraio 2005")

Siamo preoccupati, anzi scossi, anzi sconvolti. Pensate un po’: Totti, il grande calciatore della Roma, idolo delle folle, protagonista di libri di barzellette scritti apposta per lui, è arrabbiato con i tifosi della Roma, cioè con quelli che più lo adorano! Il motivo dei dissapori? Molto semplice: i tifosi non gli ubbidiscono e continuano a comportarsi da discoli irresponsabili, affumicando il campo del Siena in una partita di Coppa Italia in una fredda sera di gennaio, al punto da costringere l’arbitro a sospendere l’incontro per più di un’ora, oppure (come avvenne l’anno scorso a Roma) impedendo deliberatamente il prosieguo di un incontro che non stava andando per il verso giusto, con minacce e ordinaria guerriglia con le forze dell’ordine. Se il calcio (intendendo con questa accezione quello che si pratica negli stadi italiani durante il campionato cosiddetto “più bello del mondo”) se il calcio – dicevamo – fosse uno sport, ci sarebbe da mettersi a piangere e disperarsi. Ma per fortuna questo calcio non ha assolutamente nulla a che fare con una disciplina di Olimpia, trattandosi semplicemente di un gioco di soldi (tanti soldi), di potere e in fondo (ma molto in fondo) di spettacolo. Quando un gruppo di ragazzini trova un pallone di plastica, stabilisce due porte delimitate con le borse della scuola e improvvisa una partita nei giardinetti pubblici, ecco che nasce lo sport del calcio; quando invece dei campioni straviziati, pagati in un anno con quello che un impiegato di successo guadagna (forse) in tutta la vita, giocano o fingono di giocare al cospetto di folle urlanti, becere e violente, ecco: questa è la negazione dello sport. Quindi se Totti si offende con i suoi tifosi e minaccia di lasciare la Roma per lidi più cospicui e convenienti come forse il Real Madrid, solo qualche ingenuo potrà dispiacersi. Del resto Totti, il “pupone” della Roma, ha anche altri motivi di cruccio. Nei primi giorni dell’anno una delle partite più attese era il derby della capitale: Roma – Lazio; tutto il gotha dell’informazione politicamente corretta (e, stranamente, non solo i giornalisti sportivi) si aspettavano e si auguravano che la Lazio sarebbe stata semplicemente stracciata dalla Roma, guidata dal condottiero Totti. Un po’ come era avvenuto alla vigilia della sfida tra Bush e Kerry per la Casa Bianca, quando tutti i soloni nazionali davano come stravincente il secondo. Il motivo di questa sfacciata preferenza? Semplicissimo: l’avversario diretto di Totti era un certo Di Canio, campione della Lazio, molto bravo nel gioco del calcio, ma di idee purtroppo non politicamente corrette. E per di più il cattivo Di Canio ha avuto anche l’impudenza di far vincere, anzi stravincere, la sua squadra e – orrore! – di salutare i suoi tifosi osannanti non con un democraticissimo pugno chiuso, ma con un solare, maestoso, gioioso saluto romano! Qualcuno dirà che neanche questo ha nulla a che fare con lo sport. D’accordo, ma almeno plaudiamo ad un giocatore che non ha paura di andare contro corrente e di dichiarare le sue idee anche sul campo; al punto che i soliti microbi e le tante mammolette di sinistra si sono stracciate le vesti gridando allo scandalo e invocando addirittura l’apologia di reato. Ne siamo contenti, anche perché speriamo che il radioso gesto di italianità di Di Canio possa far riflettere proprio uno dei più illustri tifosi della Lazio, che ben conosciamo, sull’inopportunità di rinnegare un passato, che anche se non può ritornare e giustamente non ritornerà, abbiamo il dovere e l’onore di conservare gelosamente nel nostro cuore.


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