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(IL MONITORE - giugno 2005 - Pubblicato col titolo: "Idee sul partito unico")

In principio c’era il “sistema”. Era monolitico, inamovibile ed eterno; o almeno così sembrava. Avevamo una democrazia formale: si indicevano libere elezioni, si andava a votare e, quasi sempre si esprimeva liberamente e con gioia la propria scelta. Qualche volta, ma solo in casi estremi, quando sembrava necessario e prudente, ci mettevano tanta paura che votavamo per chi mai avremmo voluto, ma “turandoci il naso”. Poi, poco più di un decennio fa, qualcosa si ruppe. Fu un’inezia, ma fu così che il meccanismo si inceppò e nacque quella che pomposamente volemmo chiamare “seconda repubblica”. A parte la stagione giustizialista che tutti ricordiamo, la seconda repubblica nacque tecnicamente con il nuovo sistema elettorale maggioritario, votato chiaramente dagli italiani in un referendum, in cui la grande maggioranza degli elettori dimostrò di aver capito molto bene che la nostra democrazia fasulla era tanto diversa dalle democrazie anglosassoni, a causa del grande numero di partiti. Il sistema maggioritario anglosassone, invece, basato sullo sbarramento, che elimina automaticamente dalla contesa un partito che non raggiunga una certa percentuale di consensi prefissata, conduce inevitabilmente al bipolarismo. Saranno solo i primi due partiti a contendersi il governo della nazione e gli elettori si guarderanno bene dallo sprecare il proprio voto per una formazione che non avrà nessuna possibilità, non solo di vincere, ma addirittura di sopravvivere. Il bipolarismo prodotto dal maggioritario puro può sembrare poco democratico, perché non dà voce alle idee di tutti, ma in effetti lo è molto di più di un sistema proporzionale, perché è l’unico che lascia nelle mani degli elettori il potere di giudicare e cambiare davvero.
Tutto bello e perfetto, ma noi italiani, com’è noto, siamo “brava gente” e ci dispiaceva scontentare le numerose minoranze. Inoltre, com’è pure noto, siamo circa 56 milioni e quindi abbiamo 56 milioni di idee diverse. Dateci perciò almeno un centinaio di partiti: sempre meglio dei due del sistema anglosassone. Quindi il nostro fu, ed è, un maggioritario all’italiana, dove fu permesso di candidarsi non ai singoli partiti, ma alle coalizioni. Si creò così un sistema perverso, forse anche peggiore del vecchio proporzionale, perché, com’è oggi facile vedere, si permette a qualunque formazione piccola a piacere di aggregarsi ai partiti maggiori per scopi puramente elettorali, esercitando tutta la propria turbolenza, ricattando, minacciando voltafaccia e inversioni di schieramento, facendo il bello e cattivo tempo, uscendo dal governo che prima si era appoggiato, dimostrando, in una parola, il massimo della slealtà. Nacque così la stagione del “piccolo è bello”, degli “aghi della bilancia”, della “voglia di centro”, della “nostalgia di Democrazia Cristiana”. Ecco, l’abbiamo detta la parola! Nostalgia di DC significa soltanto nostalgia del vecchio sistema ingessato in cui nulla cambiava, mai. E perciò entrambi gli schieramenti del nostro maggioritario imperfetto soffrono delle convulsioni dei cosiddetti “centristi”, cioè di quelli che evidentemente ancora oggi si sentono orfani della “balena bianca”.
Ben l’ha capito il Presidente Berlusconi, quando ha lanciato, come un sasso nello stagno, l’idea del partito unico della Destra. Non sarà facile, soprattutto per le complesse implicazioni politiche che ciò comporta, ma non stupisce che un’idea tecnicamente così giusta l’abbia avuta proprio colui che, con sufficienza, è definito “più un imprenditore che un politico”. Il partito unico costringerebbe anche lo schieramento opposto a coagularsi intorno ad un unico soggetto, aprendo la strada al vero bipolarismo. Che poi – guarda caso – è quello che piace a tutti gli italiani “normali”, vale a dire a quelli che cercano di lavorare onestamente e cercano di vivere tranquillamente, che desiderano poter concedere o negare il proprio consenso ai politici, giudicandoli sulla loro capacità di “servire” la collettività. Certo il bipolarismo non può piacere a quelli che hanno deciso di affidare il proprio futuro ad ingiustizie e privilegi, a raccomandazioni e comparaggi col politicante di turno, all’eterna conservazione di poltrone ingiustamente e proditoriamente assegnate. E’ per questo che noi, uomini di buona volontà, auguriamo il massimo successo a chi si batte per la vera democrazia, quella dell’alternanza, che, pur essendo una conquista acquisita da secoli in altri paesi, è da noi ancora un’utopia.


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